mercoledì 3 luglio 2013

Frinico

  
  Il fatto che il VI sec. a.C. si ponesse come l’origine oscura ed irrecuperabile del teatro occidentale ha sempre stuzzicato la mia fantasia, così come le dozzine di drammaturghi di cui il tempo non ha conservato che il nome. Tra essi, quello di Frinico ha sempre esercitato su di me una certa attrattiva. I suoi scarsi frammenti sono una delle poche reliquie di una produzione tanto vasta quanto condannata a navigare definitivamente e per lo più tra ipotesi e ricostruzioni.


  Il dibattito sulle origini della tragedia non sembra trovare il bandolo. Non tutti concordano con l’ipotesi aristotelica che esse siano da ricercare nel ditirambo, altri ne discutono comunque l’influenza. Le recenti ricerche non hanno sollevato che altri dubbi. Fino al 1952 si era sicuri di possedere un’opera di Eschilo datata all’inizio del V sec, in base all’importanza conferita al coro e alla difficoltà nell’uso del secondo attore. Tuttavia il ritrovamento del fr. 3 pertinente al papiro di Ossirinco 2256, dove viene attestato che le supplici concorsero con Sofocle, ha reso impossibile datarle anteriormente al 468 a.C.  Ne risulta che dalla prima partecipazione di Tespi alle Grandi Dionisie, in un periodo compreso tra 535 e il 533 a.C, al più antico dramma pervenutoci, I persiani di Eschilo, del 473 (l’Argomento lo colloca sotto l’arcontato di Menone) è trascorso più di mezzo secolo, di cui non abbiamo quasi testimonianza al di fuori di sporadici frammenti.
  Frinico corrisponde a l'ipotetico anello di congiunzione tra i due poeti. Innanzitutto la Suda ci informa essere stato l’allievo di Tespi stesso. Consegue le sue prime vittorie tra il 511 e il 508, durante la caduta di Pisistrato, perciò si presuppone debba essere nato prima del 530, ad almeno 5 anni di distanza da Eschilo. Dal momento che Frinico conseguì una vittoria nel 476, la sua carriera si deve essere protratta per un periodo decisamente lungo, intrecciandosi con quella di Eschilo per un periodo di almeno 24 anni.


  Secondo Wilamowitz, Eschilo sarebbe stato il primo a fare della saga eroica il soggetto per una tragedia. Tuttavia i nove titoli attribuiti a Frinico nella Suda non solo lo confutano,  ma ci informano anche che molti degli argomenti trattati in seguito erano stati già proposti: L’Alcesti  (Euripide), Egizi e Danaidi (compaiono nella trilogia eschilea di cui fanno parte le Supplici), Atteone (Eschilo in Toxotidies, (1) Iofonte, Cleofonte). le Pleuronie, in cui compariva l’eroe Meleagro  (alcuni frammenti ci attestano sia stato trattato anche da Sofocle (2) ed Euripide (3) ).



Egli non è scappato alla morte crudele, ma le rapide fiamme lo divorarono
Quando la sua terribile, malvagia madre bruciò il tizzone. (4)

  
  Non sappiamo se la morte di Meleagro per mano della madre fosse o meno il tema del dramma, ma il frammento mostra, comunque, che esso ha un ruolo nello svolgimento degli eventi.
  Dai titoli si deduce la prevalente importanza del coro, caratteristica analoga al teatro eschileo e in generale più antico: 5 nomi derivati dal coro (Egiziani, Danaidi, i Consiglieri o i Persiani o Dikaioi, Pleuronie, Fenicie), un titolo doppio, di cui uno tratto dal personaggio e uno dal coro (Anteo o i Libi), tre tratti dal personaggio (Atteone, Alcesti, Tantalo), uno dal soggetto (La presa di Mileto). La “Presa di Mileto” è appunto un titolo inusuale, tanto che A. Lesky (5) ha supposto che quanto si legge nel commento di Erodoto sia da ritenersi una generica nota del contenuto e non già il titolo.
  Inoltre la conoscenza di due titoli riguardanti lo stesso soggetto (Egizi e Danaidi) potrebbe indicare che a volte, come Eschilo, anche Frinico scrivesse delle Trilogie; in tal caso ci si domanda chi abbia introdotto questa pratica o se al contrario il dramma slegato sia stato un’innovazione.

  Ma le fonti non riguardavano solo l’epica e i miti. La conquista di Mileto, con una pratica che troverà seguito in Eschilo, è il primo dramma, di cui abbiamo notizie, a conferire la dignità di argomento tragico ad un evento di storia contemporanea. Il dramma si ispira alla fallimentare rivolta delle città ioniche al dominio persiano, con la conclusiva caduta di Mileto nel 494, nonostante le venti navi inviate a sostegno. Nota è l’ammenda pecuniaria di mille dracme che Erodoto (6.21.2) racconta il drammaturgo dovette pagare, nonostante la vittoria, per aver ricordato ai cittadini le loro sventure e averli ridotti in lacrime.

Gli Ateniesi dimostrarono chiaramente in molti modi di essere stati sconvolti dalla presa di Mileto e in particolare quando Frinico scrisse un dramma, la Presa di Mileto, e lo mise in scena, il teatro scoppiò in lacrime; lo colpirono con una multa di mille dracme per aver ricordato sciagure familiari, e ordinarono che nessuno più utilizzasse quel dramma. (6)


Una simile versione dell’accaduto ci è nota da Ammiano Marcellino (28, 1, 4), che l’assimilò cronologicamente la conquista di Mileto alla prima guerra persiana:

Questo episodio, trattato con enfasi tragica, fu presentato poco dopo in teatro ad Atene da Frinico, ma, dopo esser stato ascoltato per un po’ di tempo con piacere, poiché la dolorosa narrazione procedeva in modo troppo tragico, l’autore fu condannato dal popolo sdegnato, il quale ritenne che non per consolare, ma per rievocare con biasimo ciò che aveva patito una città amata, non sorretta da alcun aiuto dei suoi fondatori, egli avesse sfrontatamente incluso fra le tragedie anche queste sofferenze (6)

    La presunta motivazione appare sospettabile, giacché la sofferenza e la commozione erano tratti distintivi della stessa tragedia. Stando ad Ammiano Marcellino, però, il dramma era meritevole di punizione per la sua incapacità di consolare gli spettatori, ma ammonirli oltraggiosamente su quanto accaduto, non a torto, probabilmente. Infatti il ricordo dell’infausta fine di Mileto fu reso ancora più atroce dalla consanguineità ionica tra i due popoli, oltre che dal senso di colpa per il vergognoso errore tattico di aver ritirato troppo presto le venti trireme inviate, un errore che forse si sarebbe voluto dimenticare. Forse decidendo di cavalcare un’onda emotiva, un ancor giovane Frinico propose un soggetto d’attualità storica in deroga al mitico, venendo multato nonostante la vittoria del concorso.
   Quella ricaduta su Frinico sarebbe “la prima censura democratica di un’opera letteraria”, nonostante la Grecia classica mancasse delle istituzioni deputate. Inoltre rimane da chiarire entro che termini fosse vietata la riproduzione del dramma, dal momento che nelle Grandi Dionisie non si usava rappresentare drammi già inscenati. L’ipotesi che non fosse il testo, ma il soggetto stesso ad esser stato censurato, è poco plausibile, dal momento che quello di Erodoto è il primo uso letterario del termine “δρμα” in senso di pièce. Più probabilmente il divieto si riferiva ai villaggi circostanti, in cui si assisteva all’esecuzione dei drammi più famosi. Anche i simposi offrivano l’opportunità della riproduzione mnemonica di alcuni  passi delle pièce. Dal momento che la pura memoria avrebbe guastato a lungo andare i testi, la loro circolazione sarà stata sicuramente anche scritta, per cui è probabile che la condanna si riferisse non solo alle repliche del dramma, ma anche alla sua forma cartacea. Non c’è da stupirsi se a questa damnatio memoriae, seguì la scomparsa di qualsiasi frammento della tragedia.
  Le motivazioni che hanno portato il poeta a presentare un’opera così discutibile all’arconte e quest’ultimo a selezionarlo per gli agoni dionisiaci, potrebbe essere ben più complessa di quanto sembri a prima vista. Magari lo scandalo era premeditato e l’intento quello di far riflettere il popolo ateniese sulla minaccia ormai incombente del dominio persiano. Non è da escludere che a promuovere l’azione sia stato Temistocle, arconte in carica nel 493/492, figura chiave per la vittoria contro i barbari e che in quel periodo spingeva affinché Atene si armasse contro la minaccia persiana. Nel 476, poco dopo le battaglie decisive contro i Persiani a Salamina (480) e a Platea (479), Temistocle sponsorizzò in veste di corego uno spettacolo di Frinico che vinse il concorso (Plutarco, vita di Temistocle 5.5, conserva un’epigrafe celebrativa per la vittoria: “Temistocle era il corego; Frinico l’autore; Adimanto l’Arconte). Nonostante nessuna fonte antica ci fornisca il titolo del dramma rappresentato, molti storici ipotizzano fossero le Fenicie, incentrato proprio sul recente conflitto: lo scontro nelle acque di Salamina, dove la flotta greca (in particolare ateniese per merito di Temistocle) aveva sbaragliato quella persiana. La prospettiva è quella vinti, similmente ai Persiani di Eschilo, tanto che il titolo potrebbe riferirsi al coro addolorato delle vedove dei marinai fenici, presenti nella flotta persiana con un proprio contingente caduti a Salamina. C’è da aggiungere che nella Suda figura un dramma intitolato i Persiani, così che altri studiosi propongono di identificare quest’ultimo, piuttosto che la stessa Conquista di Mileto. È anche ipotizzabile che i Persiani e le Fenicie appartenessero ad una stessa trilogia.
  Nella Suda viene attribuito a Frinico un dramma dal titolo: “i consiglieri o i Persiani o Dikaioi”. Non è da escludere che esso formasse un trilogia insieme a le Fenicie. Considerando che gli autori antichi spesso confondevano un dramma di una trilogia con un altro, non è da escludere neanche alcuni fossero in realtà drammi separati, che completassero quindi la trilogia delle Fenicie.
  Nella hypothesis dei Persiani di Eschilo leggiamo cheGlauco, nella sua opera sui miti di Eschilo, afferma che i Persiani di Eschilo imitano le Fenicie di Frinico, di cui cita l’inizio: ‘Ecco, dei persiani un tempo partiti…’ Lì, però, un eunuco annuncia all’inizio sconfitta di Serse, mentre prepara i seggi per i reggenti; qui, invece, l’inizio è affidato al coro di anziani.” Per Glauco di Reggio, critico letterario della seconda metà del V sec. a.C., è chiara la somiglianza tra il citato verso delle Fenicie, e l’incipit dei Persiani eschilei (“Eccoci, dei persiani partiti per la terra greca, siamo detti Fedeli”). Analoga anche ambientazione asiatica, dal momento che l’eunuco era una figura espressamente pensata in connessione alla corte orientale, dove i dignitari, in assenza del re, fungevano da reggenti vicari; e a Susa, l’antica capitale dell’impero, si svolge interamente l’azione dei Persiani, che comincia presso la sala di adunanza degli anziani consiglieri di Serse, coro del dramma.
   Ma dal commento di Glauco emerge anche una differenza strutturale. Mentre Eschilo sceglie di cominciare direttamente dalla parodo, l’annuncio dell’eunuco, che in Eschilo diventa un messaggero proveniente dalla Grecia, lascia supporre che Frinico non abbia rinunciato al prologo. Similmente alla parodo di Eschilo, il cui verso iniziale si carica di allusività attraverso il verbo oichesthai (“partire”), che può ambiguamente evocare sia l’effettiva partenza che la metaforica dipartita, anche il verso iniziale delle fenicie potrebbe implicare un’analoga allusività, grazie al verbo bainein.
  Le innovazioni portate da Frinico furono tali per cui gli antichi erano indecisi se conferire a lui, piuttosto che a Tespi, il titolo di inventore della tragedia (Plato, Minos, p. 321).  Alle trame leggere e baccanali del proprio maestro, Frinico sostituì soggetti più seri, tratti dalla tradizione eroica. È stato avanzata l’ipotesi che la scelta del poeta fosse stata influenzata dalla recente pubblicazione dei poemi di Omero, sotto Pisistrato. Prestò molta attenzione alle danze del coro e introdusse le maschere femminili.   
  Nelle sue tragedia l’elemento drammatico sembra subordinato a quello lirico, rappresentato dal coro. I suoi drammi giovanili godevano di un solo attore, dal momento che il secondo fu introdotto da Eschilo del 499. Connessa alla predominanza del coro, l’importanza delle danze corali. Fu ricordato per la dolcezza delle sue dei canti, intonati dai più anziani ancora ai tempi di Aristofane. Quest’ultimo tesse le lodi dell’antico poeta più volte, cosa per altro rara dato il suo carattere dissacratore e parodistico (Av. 748, Vesp. 219, 269, Ran. 911, 1294, Thesm. 164 ).

Tiziano Portas

Fonti e riferimenti:

(4) trad, in inglese: Elizabeth S. Belfiore, Murder Among Friends : Violation of Philia in Greek Tragedy
(5) A. Lesky, La poesia tragica dei Greci
(6) Menico Caroli, Erodoto VI 21, 2. Una censura teatrale e ‘libraria’?

Menico Caroli, Erodoto VI 21, 2. Una censura teatrale e ‘libraria’?
Elizabeth S. Belfiore, Murder Among Friends : Violation of Philia in Greek Tragedy
Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology
Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta
G. Mastromarco, P. Totaro, Storia del Teatro Greco
H. Lloyd-Jones, Problems of Early Greek Tragedy


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