Il dibattito sulle origini
della tragedia non sembra trovare il bandolo. Non tutti concordano con l’ipotesi aristotelica che esse
siano da ricercare nel ditirambo, altri ne discutono comunque l’influenza. Le
recenti ricerche non hanno sollevato che altri dubbi. Fino al 1952 si era
sicuri di possedere un’opera di Eschilo datata all’inizio del V sec, in base all’importanza conferita al coro e alla difficoltà nell’uso del secondo attore. Tuttavia il
ritrovamento del fr. 3 pertinente al papiro di Ossirinco 2256, dove viene
attestato che le supplici concorsero con Sofocle, ha reso impossibile datarle
anteriormente al 468 a .C. Ne risulta che dalla prima partecipazione di
Tespi alle Grandi Dionisie, in un periodo compreso tra 535 e il 533 a .C, al più antico dramma
pervenutoci, I persiani di Eschilo, del
473 (l’Argomento lo colloca sotto
l’arcontato di Menone) è trascorso più di mezzo secolo, di cui non abbiamo quasi
testimonianza al di fuori di sporadici frammenti.
Frinico corrisponde
a l'ipotetico anello di congiunzione tra i due poeti. Innanzitutto la Suda
ci informa essere stato l’allievo di Tespi stesso. Consegue le sue prime
vittorie tra il 511 e il 508, durante la caduta di Pisistrato, perciò si
presuppone debba essere nato prima del 530, ad almeno 5 anni di distanza da
Eschilo. Dal momento che Frinico conseguì una vittoria nel 476, la sua carriera
si deve essere protratta per un periodo decisamente lungo, intrecciandosi con
quella di Eschilo per un periodo di almeno 24 anni.
Secondo Wilamowitz, Eschilo sarebbe stato il primo a fare della saga eroica il soggetto per una tragedia. Tuttavia i nove titoli attribuiti a Frinico nella Suda non solo lo confutano, ma ci informano anche che molti degli argomenti trattati in seguito erano stati già proposti: L’Alcesti (Euripide), Egizi e Danaidi (compaiono nella trilogia eschilea di cui fanno parte le Supplici), Atteone (Eschilo in Toxotidies, (1) Iofonte, Cleofonte). le Pleuronie, in cui compariva l’eroe Meleagro (alcuni frammenti ci attestano sia stato trattato anche da Sofocle (2) ed Euripide (3) ).
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Egli non è scappato alla morte crudele, ma le rapide fiamme
lo divorarono
Quando la sua terribile, malvagia madre bruciò il tizzone. (4)
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Non sappiamo se la morte di Meleagro per mano della madre
fosse o meno il tema del dramma, ma il frammento mostra, comunque, che esso ha un ruolo nello svolgimento degli eventi.
Dai titoli si deduce
la prevalente importanza del coro, caratteristica analoga al teatro eschileo e in generale
più antico: 5 nomi derivati dal coro (Egiziani, Danaidi, i Consiglieri o i
Persiani o Dikaioi, Pleuronie, Fenicie), un titolo doppio, di cui uno tratto
dal personaggio e uno dal coro (Anteo o i Libi), tre tratti dal personaggio (Atteone,
Alcesti, Tantalo), uno dal soggetto (La presa di Mileto). La “Presa di Mileto” è appunto un titolo inusuale, tanto che A. Lesky
(5) ha supposto che quanto si legge nel commento di Erodoto sia da ritenersi
una generica nota del contenuto e non già il titolo.
Inoltre la
conoscenza di due titoli riguardanti lo stesso soggetto (Egizi e Danaidi)
potrebbe indicare che a volte, come Eschilo, anche Frinico scrivesse delle
Trilogie; in tal caso ci si domanda chi abbia introdotto questa pratica o se al
contrario il dramma slegato sia stato un’innovazione.
Ma le fonti non riguardavano solo l’epica e i miti. La conquista di Mileto, con una pratica che troverà seguito in Eschilo, è il primo dramma, di cui abbiamo notizie, a conferire la dignità di argomento tragico ad un evento di storia contemporanea. Il dramma si ispira alla fallimentare rivolta delle città ioniche al dominio persiano, con la conclusiva caduta di Mileto nel 494, nonostante le venti navi inviate a sostegno. Nota è l’ammenda pecuniaria di mille dracme che Erodoto (6.21.2) racconta il drammaturgo dovette pagare, nonostante la vittoria, per aver ricordato ai cittadini le loro sventure e averli ridotti in lacrime.
Gli Ateniesi dimostrarono chiaramente in molti modi di essere stati sconvolti dalla presa di Mileto e in particolare quando Frinico scrisse un dramma, la Presa di Mileto, e lo mise in scena, il teatro scoppiò in lacrime; lo colpirono con una multa di mille dracme per aver ricordato sciagure familiari, e ordinarono che nessuno più utilizzasse quel dramma. (6)
Una simile versione dell’accaduto
ci è nota da Ammiano Marcellino (28, 1, 4), che l’assimilò
cronologicamente la conquista di Mileto alla prima guerra persiana:
Questo episodio, trattato con enfasi tragica, fu presentato poco dopo in teatro ad Atene da Frinico, ma, dopo esser stato ascoltato per un po’ di tempo con piacere, poiché la dolorosa narrazione procedeva in modo troppo tragico, l’autore fu condannato dal popolo sdegnato, il quale ritenne che non per consolare, ma per rievocare con biasimo ciò che aveva patito una città amata, non sorretta da alcun aiuto dei suoi fondatori, egli avesse sfrontatamente incluso fra le tragedie anche queste sofferenze (6)
Quella ricaduta su
Frinico sarebbe “la prima censura democratica di un’opera letteraria”,
nonostante la Grecia classica mancasse delle istituzioni deputate. Inoltre
rimane da chiarire entro che termini fosse vietata la riproduzione del dramma,
dal momento che nelle Grandi Dionisie non si usava rappresentare drammi già
inscenati. L’ipotesi che non fosse il testo, ma il soggetto stesso ad esser
stato censurato, è poco plausibile, dal momento che quello di Erodoto è il
primo uso letterario del termine “δρᾶμα” in senso di pièce.
Più probabilmente il divieto si riferiva ai villaggi circostanti, in cui si
assisteva all’esecuzione dei drammi più famosi. Anche i simposi offrivano
l’opportunità della riproduzione mnemonica di alcuni passi delle pièce. Dal momento che la pura memoria avrebbe guastato a lungo
andare i testi, la loro circolazione sarà stata sicuramente anche scritta, per
cui è probabile che la condanna si riferisse non solo alle repliche del dramma,
ma anche alla sua forma cartacea. Non c’è da stupirsi se a questa damnatio memoriae, seguì la scomparsa di
qualsiasi frammento della tragedia.
Le motivazioni che hanno portato il poeta a
presentare un’opera così discutibile all’arconte e quest’ultimo a selezionarlo
per gli agoni dionisiaci, potrebbe essere ben più complessa di quanto sembri a
prima vista. Magari lo scandalo era premeditato e l’intento quello di far
riflettere il popolo ateniese sulla minaccia ormai incombente del dominio
persiano. Non è da escludere che a promuovere l’azione sia stato Temistocle,
arconte in carica nel 493/492, figura chiave per la vittoria contro i barbari e
che in quel periodo spingeva affinché Atene si armasse contro la minaccia
persiana. Nel 476, poco dopo le battaglie decisive contro i Persiani a Salamina
(480) e a Platea (479), Temistocle sponsorizzò in veste di corego uno spettacolo
di Frinico che vinse il concorso (Plutarco, vita
di Temistocle 5.5, conserva un’epigrafe celebrativa per la vittoria:
“Temistocle era il corego; Frinico l’autore; Adimanto l’Arconte). Nonostante
nessuna fonte antica ci fornisca il titolo del dramma rappresentato, molti
storici ipotizzano fossero le Fenicie, incentrato
proprio sul recente conflitto: lo scontro nelle acque di Salamina, dove la
flotta greca (in particolare ateniese per merito di Temistocle) aveva
sbaragliato quella persiana. La prospettiva è quella vinti, similmente ai
Persiani di Eschilo, tanto che il titolo potrebbe riferirsi al coro addolorato
delle vedove dei marinai fenici, presenti nella flotta persiana con un proprio
contingente caduti a Salamina. C’è da aggiungere che nella Suda figura un
dramma intitolato i Persiani, così
che altri studiosi propongono di identificare quest’ultimo, piuttosto che la
stessa Conquista di Mileto. È anche
ipotizzabile che i Persiani e le Fenicie appartenessero ad una stessa
trilogia.
Nella Suda viene attribuito
a Frinico un dramma dal titolo: “i consiglieri o i Persiani o Dikaioi”. Non è
da escludere che esso formasse un trilogia insieme a le Fenicie. Considerando
che gli autori antichi spesso confondevano un dramma di una trilogia con un
altro, non è da escludere neanche alcuni fossero in realtà drammi separati, che
completassero quindi la trilogia delle Fenicie.
Nella hypothesis dei Persiani di Eschilo
leggiamo che“Glauco, nella sua opera
sui miti di Eschilo, afferma che i Persiani di Eschilo imitano le Fenicie di
Frinico, di cui cita l’inizio: ‘Ecco, dei persiani un tempo partiti…’ Lì, però,
un eunuco annuncia all’inizio sconfitta di Serse, mentre prepara i seggi per i
reggenti; qui, invece, l’inizio è affidato al coro di anziani.” Per Glauco di
Reggio, critico letterario della seconda metà del V sec. a.C., è chiara la
somiglianza tra il citato verso delle Fenicie, e l’incipit dei Persiani
eschilei (“Eccoci, dei persiani partiti per la terra greca, siamo detti
Fedeli”). Analoga anche ambientazione asiatica, dal momento che l’eunuco era
una figura espressamente pensata in connessione alla corte orientale, dove i
dignitari, in assenza del re, fungevano da reggenti vicari; e a Susa, l’antica
capitale dell’impero, si svolge interamente l’azione dei Persiani, che comincia
presso la sala di adunanza degli anziani consiglieri di Serse, coro del dramma.
Ma dal commento di
Glauco emerge anche una differenza strutturale. Mentre Eschilo sceglie di
cominciare direttamente dalla parodo, l’annuncio dell’eunuco, che in Eschilo
diventa un messaggero proveniente dalla Grecia, lascia supporre che Frinico non
abbia rinunciato al prologo. Similmente alla parodo di Eschilo, il cui verso
iniziale si carica di allusività attraverso il verbo oichesthai (“partire”), che può ambiguamente evocare sia
l’effettiva partenza che la metaforica dipartita, anche il verso iniziale delle
fenicie potrebbe implicare un’analoga allusività, grazie al verbo bainein.
Le innovazioni
portate da Frinico furono tali per cui gli antichi erano indecisi se conferire
a lui, piuttosto che a Tespi, il titolo di inventore della tragedia (Plato,
Minos, p. 321). Alle trame leggere e
baccanali del proprio maestro, Frinico sostituì soggetti più seri, tratti dalla
tradizione eroica. È stato avanzata l’ipotesi che la scelta del poeta fosse stata
influenzata dalla recente pubblicazione dei poemi di Omero, sotto Pisistrato.
Prestò molta attenzione alle danze del coro e introdusse le maschere femminili.
Nelle sue tragedia
l’elemento drammatico sembra subordinato a quello lirico, rappresentato dal
coro. I suoi drammi giovanili godevano di un solo attore, dal momento che il
secondo fu introdotto da Eschilo del 499. Connessa alla predominanza del coro,
l’importanza delle danze corali. Fu ricordato per la dolcezza delle sue dei
canti, intonati dai più anziani ancora ai tempi di Aristofane. Quest’ultimo
tesse le lodi dell’antico poeta più volte, cosa per altro rara dato il suo
carattere dissacratore e parodistico (Av. 748, Vesp. 219, 269, Ran. 911, 1294,
Thesm. 164 ).
Fonti e riferimenti:
(4) trad, in inglese: Elizabeth S. Belfiore, Murder Among Friends : Violation of Philia in Greek Tragedy
(5) A. Lesky, La poesia tragica dei Greci
(6) Menico Caroli, Erodoto VI 21, 2. Una censura teatrale e
‘libraria’?
Menico Caroli, Erodoto VI 21, 2. Una censura teatrale e
‘libraria’?
Elizabeth S. Belfiore, Murder Among Friends : Violation of Philia in
Greek Tragedy
Smith,
Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology
Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta
G. Mastromarco, P. Totaro, Storia del Teatro Greco
H. Lloyd-Jones, Problems of Early Greek Tragedy
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