Il primo dei due articoli riguardo il teatro irlandese
riguarda l'influenza che il teatro No ha avuto sull'opera
drammaturgica di William Butler Yeats ( 1865 – 1936 ). Ugualmente a
G. Craig ed altri esponenti delle avanguardie, anche il poeta
irlandese concentra i suoi sforzi contro la cultura borghese, ma
lavorando attorno alla possibilità di rinnovare la drammaturgia
uscendo dai suoi paradigmi. La sintomatica
ricerca tardo-ottocentesca di un'alterità rispetto alla cultura
occidentale in modelli esemplari lontani nello spazio (Messico,
Oriente, Africa), e nel tempo (teatro greco o medioevale), si
allineava l’interesse di
Yeats per gli studi etnografici ed orientalistici, per le mitologie e
per le radici culturali irlandesi. Le ragioni che lo portarono,
nell'arco finale della sua carriera letteraria, a trovare nel modello
del teatro tradizionale giapponese la possibilità formale di
rinnovare il teatro occidentale, consistono in un grande bacino di
esperienze e letture accumulatisi per l'intero corso della sua vita.
Tuttavia già nella
giovinezza erano chiari alcuni punti fermi del suo gusto poetico. Un
precoce e romantico distacco dal razionalismo si concretizzava
nell'interesse per la magia dei suoi primi
drammi, (Mosada,
1886), per poi svilupparsi nell'interesse per l'esoterismo e la
teosofia, alimentato da Sinnett, Blake, Swedenborg, Boehme, Reuchlin,
Rosenroth e Madame Helena Blavatsky. Sentendosi per natura attratto
verso forme epistemologiche e metafisiche, si rifece presto a una
fede di carattere pre-cristiano e pre-monoteistico. Entrò a parte
della Hermetic Students of the Golden Dawn di MacGregor Mathers. Nel
frattempo John O'Leary tornava dall'esilio nel 1885 e divenne presto,
insieme alla sorella, la poetessa Ellen O'Leary, figura di spicco
dei circoli nazionalistici di Dublino, a cui partecipavano, oltre a
Yeats, anche Maud Gonne, Rose Kavanagh, Rosa Mulholland, George
Sigerson, e Katharine Tynan. Giacché O'Leary predicava, con forza
morale, lo studio della storia irlandese e l'amore dei cicli
leggendari, il giovane poeta si convinse della necessità di non
assumere soggetti estranei alla cultura irlandese (tra le prime
opere, The
wanderings of Oisin, 1889).
Yeats
considera l'ideologia promossa dalle società commerciali ed
industriali, colpevoli di essere promotrici di un “teatro da
salotto” che spersonalizza e omologa le espressioni teatrali ed
artistiche, senza alcun legame con la cultura e lo spirito del luogo,
come causa della crisi sia delle forme teatrali che più in generale
di tutta la cultura occidentale, portandolo a considerare il suo
progetto per un teatro nazionale come un soluzione allo stallo in cui
si ritrovava il teatro irlandese.
Oltre alle forme drammaturgiche contemporanee, Yeats trova un
impedimento anche nella recitazione che ha perso la concezione
dell'attore come officiante di un rituale sacro, dove la parola aveva
una funzione evocatrice.
Accadde nel 1913 che il suo segretario Erza Puond, che
stava lavorando sulle carte lasciate dal connazionale Ernest
Fenollosa, eminente studioso di cultura giapponese, entra a contatto
con alcune traduzioni incompiute di drammi No. Chiede aiuto a Yeats
per renderne più teatrali i dialoghi. In quel periodo Yeats stava
attraversando una fase di lontananza dal teatro, un necessario
distacco da Dublino anche per la fallimentare lotta contro il
Naturalismo intrapresa nell'Abbey Theater. Aveva tentato di creare
una nuova forma di teatro in cui convivessero poesia e immaginazione,
il insieme a canto e danza, il lato più aristocratico insieme a
quello più rozzo. Non avendo sentito di aver raggiunto il suo
obbiettivo, dopo la pubblicazione di Plays for an irish Theater
(1911), non volle più essere coinvolto. I drammi No arrivati
alle sue mani erano un esempio concreto della rivoluzione desiderata.
Yeats, preoccupato della relazione tra eterno e temporale, visse come
una rivelazione la scoperta del fatto che la crisi, nel dramma No,
avveniva svelando che uno dei personaggi era un fantasma o un essere
divino.
Il dramma No confermava oltretutto alcuni espedienti
che era stato costretto ad abbandonare: l'abolizione della
scenografia per il libero corso dell'immaginazione, le maschere per
definire i personaggi con semplicità, l'impersonalità e il profondo
simbolismo, le danze per suggerire il climax. Nel No vide un modello
di come si potesse mettere a fuoco un intero dramma su una singola
metafora. Comprese tuttavia che il No appartiene ad una cultura
compatta, limitata inoltre ad un'élite colta e raffinata, ricca di
riferimenti incomprensibili per uno spettatore straniero. La
solida preparazione da parte del pubblico è necessaria tanto più
per il carattere allusivo e simbolico del teatro no, intento più a
rievocare uno stato d'animo che non a raccontare una storia. Se
i drammi stessi sarebbero risultati inefficaci messi in scena in
quanto tali, non lo sarebbero state le loro forme, adattabili ad
altre storie e ad altre mitologie. Ciò non fece che confermare l'uso
delle saghe irlandesi già sperimentato nei precedenti drammi
irlandesi, attraverso una sostituzione di contenuto.
Egli realizzò che il fatto che l'impatto con il No
derivasse dalla concentrazione univoca del dramma su un'emozione
dominante, fosse congeniale alle sue ispirazioni: trovò attraente
l'emozione della qualità illusoria della realtà. Egli si sforzo di
distanziarsi dagli aspetti più crudi della vita ed aborrì il
naturalismo nella scenografia, nei dialoghi e nello stile di
recitazione, sperando che la nuova forma, anche se indiretta,
simbolica e artistocratica, nonostante basata su una mitologia
popolare, possedesse un fascino maggiore, riferendosi agli archetipi
dell'inconscio collettivo. Il mito irlandese, la drammaturgia No e la
cosmologia del buddismo, avrebbero ricondotto il dramma alle sue
originaria funzione di rappresentazione sacra.
La concretizzazione di questo disegno avviene nei
Quattro drammi per danzatori, 1915-1919. (At the Hawk's
Well, The Only Jealousy of Emer, The Dreaming of the
Bones e Calvary) Le parole sul vetro della finestra
(The words upon the window-pane, 1930) e Purgatorio
(Purgatory, 1938). L'enorme influenza
del No si ritrova infine in The Death
of Cuchlain, pubblicato nel 1939 e
messo in scena nel 1945 all'Abbey theater. La mancanza di un
narratore capace di mettere in scena i testi fu colmata da Pound con
la scoperta di Micho Ito. Nel 1916, con maschere, musica e
costumi di Edmun Dulac, Micho Ito interpreta, nel ruolo femminile
(onnagata) di una donna sparviero, il primo dramma europeo ispirato
effettivamente al No: At the Hawk's Well. Il
primo dei Plays for dancers
comincia con i musicisti che cantano i famosi versi d'apertura
I call to the eye of the mind
A well long chocked up and dry
And boughs long stripped by the
wind
And I call to the mind’s eye
Pallor of an ivory face
Its lofty dissolute air,
A man climbing up to a place
The Salt sea wind has swept bare
La trama narra di un giovane
guerriero (Cuchulain) alla ricerca della fonte dell'immortalità,
nella quale le acque miracolose scorrono occasionalmente solo per
brevi istanti. L'eroe la trova, dopo un lungo viaggio per mare,
presso il pozzo del falco, uno spazio sacro dove un vecchio attende
da tempo immemorabile l'acqua sgorgare ed una guardiana silenziosa e
immobile veglia sul pozzo. Lo scorrere dell'acqua corrisponde alla
danza della guardiana, che cade in trance, posseduta dalla divinità
che presiede al pozzo, ma il vecchio, come ogni volta, si addormenta
nel momento cruciale. Il giovane invece è ipnotizzato dalla visione
della danza e viene distratto dall'acqua. Ma se il vecchio lamenta
nuovamente la sua perdita, il giovane, tornato in sé dopo la
visione, riafferma il proprio nome, come dopo l'incontro con il sacro
in una cerimonia d'iniziazione.
The Death of Cuchulain,
l'ultimo episodio del ciclo, viene ultimato da Yeats a poche
settimane dalla morte a Roquebrune, presso Mentone, nel gennaio 1939.
Ferito dopo una battaglia cui ha partecipato pur sapendo di essere
sconfitto, Cuchulain muore per mano del cieco di On Baile's
Strand, pagato per svolgere il compito. Emer, la moglie
dell'eroe, danza davanti al corpo dell'eroe, e il dramma si conclude
su un canto di uccelli.
L'elemento
della danza assume un'importanza fondamentale, tanto da dare il
titolo alla raccolta stessa di Plays
for dancers. Essa, che
caratterizza i momenti chiave del dramma, da un lato li riconduce
alla ritualità dall'altro li avvicina ad una logica più
strettamente performativa dell'evento teatrale. In questo caso
l'eredità del teatro no è esplicita, considerando come, nella sua
struttura immutabile, sia in una danza che lo shite (protagonista)
narra in terza persona la sua storia.
Tiziano Portas
Bibliografia
Sands
M., The Influence of Japanese Noh Theater on Yeats
Savarese
N., Teatro e spettacolo fra Oriente e Occidente, Laterza
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